FEMMINICIDIO

mercoledì 11 novembre 2009

Donne italiane in perdita

Miren Gutierrez* e Oriana Boselli intervistano IVANKA CORTI, ex presidente del Comitato CEDAW

Fonte: IPS notizie

Alla vigilia del trentesimo anniversario della Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), l’Italia è ancora lontana dall’ottenere l’uguaglianza di genere.

ROMA, 21 ottobre 2009 (IPS) - “Penso che qualcosa stia cambiando...anche se la Convenzione non è ancora molto conosciuta e le raccomandazioni non sono messe in pratica”, dice Ivanka Corti, ex presidente del Comitato CEDAW.

Secondo il Global Gender Gap (GGG) 2008, l’Italia è tra le ultime nazioni in Europa per parità di genere, seguita solo da Repubblica Ceca, Romania, Grecia, Cipro e Malta. L’Italia è al 67’ posto su un totale di 130 paesi analizzati.

Nel 1985 l’Italia ha ratificato la Convenzione - adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979. Ma nonostante le donne in Italia siano il 51,4 percento della popolazione e il 55,8 percento degli iscritti alle università, il loro potere politico ed economico continua ad essere limitato.

Le più grandi disparità sono visibili nella politica, ma la discriminazione, secondo il rapporto “Education at a Glance 2009”, pubblicato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD), si riscontra anche sul posto di lavoro. I dati mostrano che in Italia la donna viene pagata 2,36 volte meno di un uomo con la stessa formazione universitaria ( la media è di 1,4 volte meno sui 30 paesi analizzati dal OECD).

A un quarto di secolo dalla firma, l’Italia si trova in una posizione peggiore rispetto all’Uganda (43’ posto nel GGG) e del Lesoto (16’ posto).

Nel quarto e quinto rapporto combinato sull’Italia, pubblicato nel 2004, la Divisione per l’Avanzamento delle Donne accenna a “la bassa partecipazione delle donne nella vita pubblica e politica, la mancanza di programmi per combattere gli stereotipi attraverso il sistema educativo formale e di incoraggiamento nei confronti degli uomini nel condividere le responsabilità domestiche”.

Il Comitato CEDAW, il cui compito è implementare l’effettività della convenzione, invitava l’Italia ad “adottare un programma di coordinazione a larga scala per combattere il sussistere di ruoli stereotipati per donne e uomini”, raccomandando ai mezzi di comunicazione e alle agenzie pubblicitarie “di trasmettere e sostenere l’immagine della donna come partner alla pari in ogni sfera della vita, impegnandosi a cambiare la percezione della donna come oggetto sessuale e come principale responsabile della cura dei figli”.

Cosa è cambiato da allora? IPS parla con Ivanka Corti – che ha fatto parte del Comitato Cedaw per 16 anni, dei quali 4 come presidente- del ruolo della donna in Italia.

IPS: Cosa ne pensa delle quote rosa?

IVANKA CORTI: Sono completamente a favore delle quote, purchè siano misure temporanee, come illustrato dall’articolo 4 della Convenzione. Come ci mostrano molti esempi, tra i più lampanti quello dei Paesi Scandinavi, le quote sono assolutamente necessarie per raggiungere l’eguaglianza in tutti i settori. Per questo dovrebbero essere applicate sia in politica che nel mercato del lavoro.

IPS: Perchè in Italia vi è una differenza così marcata nella retribuzione per le donne con un’istruzione superiore?

IC: Questa situazione è causata da molti fattori a sfavore delle donne, tra i quali l’idea che una donna non possa produrre quanto un uomo a causa delle gravidanze. Questa è un’idea sbagliata, ma che continua ad avere rilevanza.

IPS: Quali sono gli stereotipi sulle donne in Italia?

IC: Devo aprire una parentesi. Sfortunatamente, le raccomandazioni del Comitato CEDAW e la Convenzione, che l’Italia ha firmato senza riserve - e sottolineo “senza riserve”-, non sono applicate nella pratica.

In Italia non si dà la giusta attenzione a questo documento di diritto internazionale. Dubito che molti parlamentari sappiano della ratifica di questa convenzione. In molti paesi occidentali il rapporto viene discusso in Parlamento prima di essere inviato al Comitato CEDAW. Ciò non accade in Italia.
(n.mia: certo! Le traduzioni sono state tradotte e diffuse in Italiano per la prima volta da me e dai Giuristi Democratici! Fu sollevata anche una interrogazione parlamentare...)
Non ho visto cambiamenti da quando le raccomandazioni sono state pubblicate nel 2005. Le raccomandazioni della Convenzione dovrebbero essere pubblicate dando loro il massimo risalto, ma invece nemmeno il Ministero delle Pari Opportunità ne fa cenno.

E’ un errore, specialmente se si pensa che in molti paesi in via di sviluppo il documento viene pubblicizzato ampliamente e spinge alla promulgazione di leggi antidiscriminatorie.

IPS: Cosa si può fare per ottenere un cambiamento in Italia?

IC: Cambiare significa cambiare la politica, ma purtroppo la politica italiana è ancora sessista.

L’Italia è tornata indietro. Il contributo dato dalle donne alla cultura e allo sviluppo è stato sottovalutato. E a causa dei media domina l’immagina di una donna attratta dal potere, dai soldi, che dà maggior peso alla propria bellezza che alla propria intelligenza o capacità professionale. Sono stupita che, ad esempio, non sia stata data rilevanza all’alta componente femminile tra i premi Nobel di quest’anno, mentre vi è un’ampia copertura informativa per l’elezione di Miss Italia.

IPS: Da cosa è causata questa discriminazione nei confronti delle donne?

IC: Dipende da molti fattori: la storia, la cultura, la politica, i mezzi d’informazione e la religione. La religione ha un ruolo molto importante in Italia, poichè il Vaticano ha un’influenza enorme sulla politica e su molti argomenti legati alle donne.

IPS: Alcuni esperti dicono che lottare contro la discriminazione non è una questione di soldi, ma di volontà. Infatti alcuni paesi africani, tra i quali Ruanda e Liberia, o altre regioni, come le Filippine, sembrano confermarlo. Lei cosa ne pensa?
IC: In base alla mia esperienza di 16 anni nel Comitato CEDAW, concordo pienamente. Il cambiamento avviene dove c’è volontà politica, e non necessariamente denaro. Inoltre, se vi è la presenza di un forte movimento femminile che faccia pressione sulle istituzioni politiche, il processo si velocizza.

Una presenza femminile più ampia in politica può cambiare la situazione. Perchè ci sono così poche donne nella politica italiana? La Spagna era indietro rispetto all’Italia negli anni 70’-80’, ma ora l’ha sorpassata sotto ogni punto di vista. E’ possibile immaginare in Italia un Ministro della Difesa donna, al settimo mese di gravidanza, che passi in rivista le truppe?

In Italia il Ministro dell’Ambiente è una donna, ma non mi sembra che abbia coinvolto le donne, che devono essere sensibilizzate ai problemi ambientali. Le donne al governo non si impegnano in una politica che presti attenzione alle donne.

C’è quindi un doppio problema: l’accesso al potere e la condotta all’interno dei ministeri.

IPS: Un diverso utilizzo dei mezzi di comunicazione potrebbe cambiare la situazione?
IC: Non si può controllare ciò che i media trasmettono, o si urterebbe la libertà d’informazione. Bisogna però cambiare gli stereotipi. Gli stereotipi si riferiscono a quando vi erano poche donne nel mondo del lavoro, nella ricerca, nell’università. Oggi sono la maggioranza. Nulla giustifica il sussistere di questi giudizi.

IPS: Cosa è cambiato in Italia dopo la modifica dell’Articolo 51 della Costituzione? E cosa dopo le raccomandazioni del Comitato CEDAW?IC:

Sono cambiate molte cose. La Costituzione è stata scritta anni fa, e chiaramente sono state introdotte molte leggi a favore delle donne. Quando è stata adottata la Costituzione, non c’erano le leggi sul divorzio, l’aborto e le pari opportunità sul mercato del lavoro. Oggi la legislazione è molto ricca a favore della donna; è l’applicazione che manca.

Per quanto riguarda la politica, esiste una vera e propria resistenza, molto dura, non evidente ma subdola. Si tratta dell’ultima battaglia per il potere. E’ un fenomeno esteso, con poche eccezioni nel mondo. Quando penso alla Spagna, non posso che provare invidia. Quando noi approvavamo leggi in favore delle donne, lì c’era la dittatura; oggi siedono una donna e un uomo alla pari in Parlamento, nel Governo ed in tutti i settori della responsabilità politica.

Una vera democrazia non è possibile, se le donne vengono escluse.

*Miren Gutierrez is IPS editor-in-chief. (FINE/2009)

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